lunedì 28 gennaio 2013

Concert Girl

Non si spiega il fascino della RagazzaDelConcerto. Quella che ti rapisce per due ore strappandoti buona parte degli sguardi durante l'evento che aspetti da mesi, con il cantante o la band che adori da anni; il potere intrinseco della RagazzaDelConcerto ti spinge a guardarla di tanto in tanto, per osservarla mentre canta e balla, per riuscire a catturare un suo sorriso o il gesto di sistemarsi i capelli bagnati, per controllare se anche lei adora il tuo brano preferito della scaletta.
C'è la RagazzaDelConcerto che svetta al di sopra della folla, seduta sulle spalle dell'uomo-trampolo portato appositamente da casa.
C'è la RagazzaDelConcerto in branco, accompagnata da amiche sue simili, ma un po' meno RagazzaDelConcerto di lei; le si può riconoscere dalla formazione circolare attorno a un gruppo di zaini/giacche, o per l'abitudine di urlarsi addosso l'una all'altra i versi più coinvolgenti del brano.
C'è la RagazzaDelConcerto anestetizzata, quasi immobile e con lo sguardo fisso sul palcoscenico con l'attenzione e le emozioni a mille, impegnata a cogliere ogni singolo particolare di quell'esperienza mistica e non vuole lasciare che l'adrenalina la distragga.
C'è la RagazzaDelConcerto archivista, impegnata a catturare il maggior numero di foto e video dell'evento, per poi riviverlo comodamente più e più volte da sola, nella tranquillità della sua cameretta senza quell'orda barbarica che osa coprire le note prodotte dai suoi beniamini.
E poi c'è la RagazzaDelConcerto in trincea: sola, arrivata ore prima dell'inizio del concerto per ottenere un posto sotto il palco, si tiene saldamente alla transenna e se è venuta con degli amici quasi si dimentica della loro esistenza, urla a squarciagola ogni canzone, balla e si scatena, ma è come se il mondo attorno a lei non ci fosse.

La RagazzaDelConcerto di questa storia appartiene all'ultima categoria.

Raramente ho vissuto un concerto più indietro della seconda/terza fila. Perché voglio essere davanti, nei posti perfetti, per godermi tutto al meglio. E anche questa volta arrivo con l'anticipo necessario, così -zac!-mi assicuro la prima fila.
Mi scateno come non facevo da molto tempo, quello che doveva essere "solo" un salto nel mio passato musicale si rivela a sorpresa il miglior concerto degli ultimi 2-3 anni. Sono esattamente sotto il cantante del gruppo, ho una cassa da tantissimimilawatt sparata in faccia e mi fischieranno le orecchie per le 48 ore successive.
Dietro di me, una folla che ha la stessa energia della band, la mia stessa energia, però loro non si limitano a cantare, ballare e saltare, loro non possono stringersi saldamente alla transenna e così per passare il tempo pogano, improvvisano corride, o osano stagediving che nella maggior parte dei casi terminano rovinosamente al suolo.
Poi, di fianco a me, risalendo come un salmone la corrente di omaccioni sudati, sei arrivata tu, che evidentemente hai lottato per conquistare quella postazione. Riccioli selvaggi, un viso pallido con due guance sempre più rosse man mano che il concerto procede, occhi verdi che -uao!-, un ankh nero tatuato dietro la spalla e un polso pieno di braccialetti d'argento larghilarghi e sottilisottili che si muovono a ritmo di musica.
L'emblema della RagazzaDelConcerto, e in quanto tale calamiti di tanto in tanto i miei sguardi, giusto per controllare se sei carina e affascinante come mi sei sembrata a una prima occhiata. Ed evidentemente qualche sguardo imbambolato dura più del dovuto, ti accorgi che mi distrai dal concerto, ma fai finta di nulla e mi risparmi sguardi inaciditi o commenti pungenti.
Sopporti a fatica le spinte e gli scossoni che provengono dalla baraonda dietro di noi, minuta come sei.
Io invece riesco a resistere senza problemi, puntellandomi alle transenne; avrò i lividi alla pancia e alle mani per qualche giorno, ma sul momento non sento granché, immerso nell'atmosfera da battaglia.
RagazzaDelConcerto, un po' mi dispiace vederti lì che incassi malamente i colpi, così mi piazzo dietro di te e paro buona parte degli omaccioni scatenati. Non che io sia particolarmente forte, ma ho una schiena larga e buona esperienza sul campo: ho macinato un bel po' di concerti, alcuni dei quali vissuti in prima fila con 60mila persone scatenate dietro di me, sentendole tutte, e arrivando più o meno incolume a fine serata.
Il tempo passa, ma evidentemente non sono ancora così decrepito, se riesco a divertirmi e scatenarmi in prima linea come facevo dieci anni fa, mentre altri pischelletti attorno a me non riescono a reggere altrettanto.

A fine concerto, comincia il DJ-set con musica a rotazione fino al mattino. Non mi interessa, quindi mi avvio verso l'esterno, ma a pochi passi dall'uscita mi fermo. Mi sento tirare e voltandomi mi accorgo che attaccata al bordo della mia felpa c'è la tua mano.
Sguardo basso, ma voce alta per cercare di sovrastare la musica assordante. Una voce spezzata, anche tu durante il concerto hai dato troppo e domattina ti sveglierai afona.
"Mi hai protetto per tutto il concerto."
Così. Secca. Un dato di fatto.
"Mi hai fatto da 'scudo umano' evitandomi le botte peggiori. Me ne sono accorta, sai." dici sorridendo.
Io -"Vabbè..."- boh, non so che fare.
Non ho mai saputo come reagire ai complimenti o ai ringraziamenti più spassionati.
Tu intanto ti torturi un ciuffo di capelli corvini.
"Senti, posso almeno ringraziarti?"
"Ma figurati!? Non c'è bisogn..."
Io la frase la volevo finire, ma le tue labbra l'hanno interrotta, oh.
Poi mi fissi per qualche secondo, con uno sguardo a metà tra l'imbarazzato e il divertito, e ti volti per tornare a intrufolarti nella calca saltante.

Ciao, RagazzaDelConcerto.

mercoledì 2 gennaio 2013

Twenty eight candles

Peo, il primo ad avermi fatto gli auguri
Da qualche anno a questa parte, il compleanno è spesso accompagnato dal rituale di dover passare in rassegna tutti gli auguri su Facebook, nella maggior parte dei casi fatti da persone che non si fanno sentire per tutto l'anno, non ti considerano neanche per fare una battutina sotto uno status o una foto, ma che decidono di dedicarti qualche secondo per scrivere due o tre paroline sulla tua bacheca.
Questo avviene, non perché stiano aspettando da 364 giorni di uscire dal guscio della timidezza e aver finalmente un pretesto per rivolgerti la parola, ma semplicemente perché una scrittina in home page li avvisa tutti della ricorrenza.
Oppure perché si accorgono che qualcuno ti ha fatto gli auguri e si ricordano della tua esistenza.
Oppure perché nel corso della giornata tutti ti fanno gli auguri e, vabbè glieli faccio anch'io, che poi sembro proprio maleducato se sono l'unico a non farglieli.
Da questo poi scaturisce un'altro girotondo per il ricevente degli auguri: che faccio?
Rispondo a tutti cercando inutilmente di ideare risposte originali diverse per ognuno?
Sparo a raffica degli asettici "Mi piace" così da far capire che ho letto ogni singolo messaggio senza perdere mezza giornata?
Commento qualcuno e a qualcuno metto solo dei "mi piace", scatenando però un apatico risentimento di vuoleppiùbbenealluicheammè.
A fine giornata scrivo solo un'elegante messaggio di ringraziamento generale, così ho salvato capra e cavoli?

Quest'anno ho deciso di sollevare me e i miei amici da questo simpatico teatrino, effettuando un'azione che probabilmente mi attirerà accuse di snobismo e di burberità: un paio di giorni prima del mio compleanno, ho tolto la mia data di nascita dalle informazioni così che non comparisse nessuna notizia del mio genetliaco.
E qual è il risultato di questo esperimento sociologico?
"They fucking forgot my birthday!"
O meglio, mi sono risparmiato una valanga di "buon compleanno!" fatti tanto per fare: l'anno scorso ho totalizzato 200 auguri (evvai, ho vinto!), mentre quest'anno una ventina. Meglio pochi, ma buoni.
E la maggior parte di questi auguri è avvenuto nel mondo reale o addirittura utilizzando quell'arcaico mezzo di comunicazione qual è il telefono.
Cosa dimostra tutto ciò? Nulla, perché vado a pensare male, sono sicuro che questa differenza numerica è da ricercarsi nel brusco calo di popolarità che ha subito quest'anno la mia persona, dopo quella rissa con le vecchiette.

Detto questo, ho passato uno dei miei soliti compleanni dolceamari, forse un po' meglio del solito perché mi trovavo in un paesino di montagna con poche persone e le solite grosse delusioni/sfighe del 1° gennaio sono arrivate solo di rimbalzo.
Mi sono fatto una passeggiata solitaria notturna, col naso all'insù per vedere le stelle tra gli alberi, per le stradine di un mucchietto di case vedendo dalle finestre famigliole che festeggiavano in salotto o bambini in giardino che si divertivano accendendo stelline scintillanti. [Carlo Alberto Facts: il 1° gennaio, in un intervallo di tempo che può andare da 00:01 alle 03:00, ovunque io mi trovi per la ricorrenza, nel bel mezzo del marasma Happy New Year mi eclisso da tutto e tutti per riflettere sulla Vita, l'Universo e Tutto Quanto]
Dopo dieci anni che non inforcavo un paio di sci, ho passato un intero pomeriggio sulle piste innevate scoprendo che sono ancora capace come se non avessi smesso: non l'avrei mai detto, credevo mi sarei ritrovato molto arrugginito, e invece neanche una caduta, oltre ad essere miracolosamente sopravvissuto a una pista nera imboccata per sbaglio.
E dopo tanto tempo
Insomma, quest'anno dopo tanti compleanni bizzarri posso dire di aver trascorso una giornata stando per buona parte da solo con una persona che mi fa stare un sacco bene: me.

Oh, tutto ciò detto con tutta la serenità del mondo e l'amore per il prossimo che si può avere, ma se non mi credete o non vi tornano i conti, immaginatemi pure mentre dico "SGRUNT!".