sabato 21 settembre 2013

Cattivi Fumetti

Un bel giorno, dopo una lunga e onorata carriera nerd, mi decisi a fare il grande salto e provare a fare il grande salto dall'altra parte della barricata.
No, non mi riferisco alla nascita di NerdLandia (solo le future generazioni riconosceranno la nobiltà intellettuale di quel fumetto) ma a quando ho cominciato a collaborare con Comicus.
L'esperienza di trafficare dietro le quinte è stata un'esperienza interessante e, oltre a darmi un quadro più completo di un mondo che seguo da prima di imparare a leggere, mi ha dato più di una soddisfazione: ricordo ad esempio ingressi a incontri e proiezioni esclusive, un'ora trascorsa in una stanza da solo con Liniers per una chiacchierata-fiume a quattr'occhi, un'intervista telefonica con Mary-Elizabeth Winstead che ride divertita alle mie battute...

Dopo aver collaborato per una manciata di anni, mi sono tuffato a testa bassa nel teatro e l'impegno richiesto in accademia mi ha obbligato a lasciarmi alle spalle a malincuore Comicus.
Poi, lo scorso luglio finisco la mia clausura accademica.
Nell'ultimo periodo stavo prendendo in considerazione di ritornare a scrivere nerdaggini, anche se non avevo ancora idea in che forma e su quali lidi.
Ma il destino, come al solito, ci ha messo lo zampino: esattamente il giorno dell'ultima replica dell'ultimo spettacolo, mi arriva la proposta di collaborare con una nuova realtà che sarebbe nata da lì a poco. Quando si dice il tempismo.

Da meno di una settimana Bad Comics è online.
Una redazione tanto ridotta per numero quanto efficace.
Un sito con un'organizzazione e ambizioni senza precedenti nel settore, in Italia.
Ritorno a scrivere notizie, recensioni, articoli e interviste.
In pochi giorni di visibilità, i visitatori sono stati un sacco ed è stato dimostrato un grande interesse da parte di appassionati e operatori del settore.
Inoltre siamo subito partiti alla grande, con diversi "colpacci editoriali" ottenuti e altri in arrivo a breve... insomma, c'è molta carne al fuoco e sicuramente Bad Comics nelle prossime settimane mostrerà i denti, ci sono ancora un bel po' di assi nella manica da svelare.
Scrivo di ciò che mi piace, e la cosa più bella è che comunque i tempi e le modalità di lavoro si possono incastrare col mio grande sogno teatrale...

Forza, siamo vicini al grande obiettivo: trasformare il proprio lavoro in una passione e la propria passione in un lavoro.

venerdì 13 settembre 2013

Someone to (not) fall back on

Dal libro 'Il mondo incantato' di Bruno Bettelheim, interessante anlisi psicologica delle fiabe e della valenza educativa che hanno sui bambini:

"Anche se un genitore indovinasse alla perfezione perché un bambino si è lasciato prendere emotivamente da una data storia, farebbe meglio a tenere per sé questa intuizione. Le più importanti esperienze e reazioni del bambino sono in larga misura inconsce, e dovrebbero rimanere tali finché egli non arrivi a un'età e a una capacità di comprensione molto più mature. È sempre un'atto d'invadenza interpretare i pensieri inconsci di una persona, per rendere conscio ciò che essa desidera mantenere preconscio, e questo è particolarmente vero nel caso di un bambino. Importante per il benessere del bambino come la sensazione che i suoi genitori condividono le sue emozioni, appassionandosi alla stessa fiaba che li appassiona, è la sensazione del bambino che i suoi intimi pensieri sono ignoti al suo genitore finché egli non si decide a rivelarli. Se il genitore fa capire di conoscerli già, impedisce al bambino di fargli il dono più prezioso: quello di condividere con lui quanto fino ad allora aveva di segreto e di privato. E dato che, inoltre, un genitore è tanto più potente di un bambino, la sua dominazione può apparire illimitata se sembra in grado di di leggere i pensieri segreti del bambino, conoscere i suoi sentimenti più nascosti, ancora prima che il bambino stesso abbia cominciato a diventarne consapevole.
Le interpretazioni degli adulti, per quanto corrette possano essere, privano il bambino della possibilità di avvertire una sensazione: quella di aver affrontato, da solo e con successo, dopo aver più volte ascoltato la storia e meditato su di essa, una difficile situazione. Noi cresciamo e troviamo significato nella vita e sicurezza in noi stessi perché abbiamo compreso e risolto dei problemi personali da soli, non perché altri ce li abbiano spiegati."


Mi rendo conto solo ora di quanto spesso io abbia boicottato inconsapevolmente persone a me care. Se vedo qualcuno in situazione di difficoltà la mia sindrome del supereroe mi spinge ad aiutare e a dare consigli, ma a quanto pare forse farei meglio a starmene zitto ogni tanto, o comunque fingere di non aver intuito alcune cose che la persona deve ancora capire di sé e che non è ancora pronta ad ammettere nemmeno a sé stessa.
Sono sempre stato dell'idea "la verità sempre e comunque", ma col tempo ho capito che forse aprire gli occhi a una persona su cosa sta suggerendo il suo inconscio è una mossa brusca che alcune volte può essere utile, ma nella maggior parte dei casi invece fa chiudere ancor di più la persona a riccio, negando il problema e rendendone ancor più problematica la risoluzione.
Forse il fatto di avere una visione esterna e più lucida degli eventi non mi garantisce il diritto di intervenire per aiutare. Forse dovrei zittire l'istinto da crocerossina e forzarmi a non intervenire attivamente con la speranza di poter salvare chiunque, ma lasciare sbagliare le persone, così che imparino a cadere e rialzarsi con i propri piedi.
Forse dovrei smetterla di dire sempre la verità quando mi si richiedono pareri, ma imparare quando qualche omissione può essere utile e non dover sempre dimostrare di aver capito più di chi mi chiede consiglio.

lunedì 2 settembre 2013

Lolita

Vi racconto di quella volta che ho incontrato Lolita.

È una tranquilla domenica pomeriggio. L'organizzatrice di uno spettacolo a cui prendo parte mi invita a casa sua per una prova costumi, un paio di settimane prima di andare in scena. Chiamerò questa rispettabile madre di famiglia Moira Orfei, in onore della sorridente cavalcatrice di elefanti ghiotta di botulino.
Arrivo davanti al cancello di casa Orfei, situata in piena zona residenziale, dove ad ogni colpo di vento si sente il fruscio di una mazzetta di banconote da 500 euro. Suono il citofono e il cancello comincia ad aprirsi da solo, scoprendo lentamente il paesaggio che si cela al di là di esso: una folta vegetazione degna de "Il giardino segreto", con alberi, piante e rampicanti ovunque, e un sentierino di ghiaia che serpeggia tra il verde. Mi incammino, passando in mezzo a siepi alte più di me, aspettandomi di veder spuntare lo Stregatto da un momento all'altro. Passo di fianco a un gazebo sotto il quale i Windsor si radunano per la partita pomeridiana di bridge, e supero una manciata di colonne con sopra donnine greche desnude intente a trasportare anfore, o altre attività tanto di moda tra le giovani ateniesi.
Raggiungo l'edificio principale ed entro: per salire all'appartamento ci sarebbe l'ascensore, ma siccome sono una persona umile mi limito a salire le scale circondato ovunque da marmo bianco.
Moira Orfei mi apre la porta con un sorriso degno del Joker e... ok, ora farò fatica a darvi un'idea del luogo in cui mi sono ritrovato, ma ci provo.
Voi visualizzate tutto.

Busti di imperatori romani posti accanto a lato di un televisore LCD da un birillione di pollici.
Scimmie di legno vestite da sultano che reggono un vaso di cristallo.
Una gabbia di marmo per i canarini, a forma di cattedrale.
Dipinti (plurale, più di uno. Tanti più.) che ritraggono Moira Orfei e marito.
Un -lungo- corridoio fiancheggiato da armadi a specchio.
Scaffali pieni di libri impolverati e vecchie videocassette, tra le quali il mio occhio è stato attratto dal titolo "Duce - La Storia".
...eccetera.
Ma questa non è la parte strana della storia, questa è la parte più o meno normale.

Sono nell'atrio dell'appartamento Orfei e mentre Moira fa gli onori di casa, mi accorgo della presenza di Lolita.
Una ragazza un paio d'anni sotto la maggiore età, con gli occhi da cerbiatta e tutte le forme già al posto giusto, a piedi scalzi e con addosso un pigiama primaverile di cotone azzurro.
La schiena appoggiata al muro, un ginocchio sollevato e la pianta del piede contro la parete.
Sta mangiando un lecca-lecca e mi guarda, cercando di capire chi sia l'ospite appena entrato in casa.
"Ciao."
Continua a succhiare il lecca-lecca.
...
Oooooocheeeeii. Ci sono centinaia di film, capolavori nel loro genere, che cominciano così.
Ma lasciamo stare, dev'essere un miraggio.
Ricambio il saluto, ciao, sono qui per lavoro e così seguo Moira tra i corridoi di Xanadu.

Nel salone principale, armadi aperti per provare i costumi più improbabili che avrei dovuto indossare per lo spettacolo. Ad un certo punto mi servirebbero dei pantaloni bianchi, ma non ce ne sono abbastanza lunghi per me, al che Moira: "Oh, forse ne ha un paio mio marito che potrebbero andarti bene, vado a cercarli di là" e mi abbandona solo soletto a guardarmi intorno a scrutare sbigottito tutti i bizzarri reperti da ricconi che mi circondavano.
Dal corridoio, fa capolino Lolita.
Entra mentre sta sgranocchiando un pacchetto di patatine, almeno si può dire che la ragazza aveva un'alimentazione sana.
Sono abbastanza a disagio, ma almeno sono sicuro di far bella figura, dato che ho indosso un costume che mi fa sembrare davvero figo.
Come Pieraccioni quando fa il fotoromanzo ne "I Laureati"
"Ti sta bene questo vestito."
"Oh, grazie. Mi capita spesso di vestirmi così."
"Ahah, davvero, sei carino così."
E si mangia una patatina guardandomi negli occhi.
Comincio a sentirmi a disagio.
Cioè, non strettamente per la situazione in sé, ma sono in quel luogo per lavoro e qualche stanza più in là (o qualche decina di stanze più in là, non ho mai quantificato le dimensioni di quella casa) c'è la madre di lolita che poi sarebbe anche il mio datore di lavoro.
Lolita si allontana verso il corridoio e scompare dalla porta nell'esatto istante in cui dall'altra porta arriva Moira festante con i pantaloni bianchi della mia taglia.

Dopo aver provato altri vestiti (sì, nel corso di un solo spettacolo avevo più cambi d'abito che una valletta di San Remo) siamo alla ricerca per un vestito da cinese, altro capo d'abbigliamento abbastanza buffo. Però mancano dei sandali, Moira va a cercarli nell'altra stanza.
Inutile dirvi che tempo pochi secondi e spunta Lolita.
Stavolta sono vestito così.
...però con un kimono più imbarazzante e senza fulmini dalle mani. Ma il cappello era quello di Raiden.
Non dice nulla, sorride divertita e mi guarda, girandomi attorno.
All'improvviso mi prende la mano e la tira a sé.
Aiutooddioeccosogiàcomeandràafiniresaròscopertoinflagranteefiniròingaleraconlaccusadipedofiliacioèmiconoscoequindisospettavo cheprimaopoisarebbepotutosuccedereperòohaiutocomemicavodaquestopasticcio.
Mh, non capisco che sta succedendo, cioè, mi sta scrivendo qualcosa sulla mano.
Senza dire nulla mi dà le spalle e corre via.
Mi guardo il palmo.
Un numero di cellulare.

...
Torna Moira. Finiamo di provare gli ultimi vestiti, tutto con la mia mano destra rigorosamente serrata in un pugno.
Prendo gli ultimi accordi per lo spettacolo, mi congedo da casa Morfei uscendo senza più vedere Lolita e dopo aver attraversato nuovamente il Labirinto Magico che c'era nel giardino, esco dal cancello.
Mi fermo.
Mi guardo il palmo.
Il numero è ancora lì, è successo davvero.
Qualche secondo in cui la mia mente immagina gli esiti più improbabili e disastrosi, e con un qualche gesto frenetico trasformo quella decina di cifre in un baffo d'inchiostro.
Il cancello della villa alle mie spalle, mi avvio verso la mia macchina, consapevole di aver rischiato di finire in un pasticcio bello grosso.


...poi, un paio di giorni dopo, scopro casualmente che il marito di Moira è un trafficante d'armi.
True Story.