martedì 13 maggio 2014

L'Alveare delle Storie

Reggionarra, una manciata di giorni nel paese delle storie.
Ho potuto partecipare al Bando per giovani narratori, qualche giorno di formazione per cantastorie;
un modo per scoprire come osservare meglio l'incanto che c'è e c'è stato nelle nostre vite e saperlo trasmettere al meglio agli altri.
Ho scoperto che Reggio Emilia, oltre a essere una città più piccola di quanto pensassi e molto più cosmopolita di quanto immaginassi, diventa una città fantasma al calare delle tenebre. Ma soprattutto è riconosciuta a livello planetario (planetario tranne me, che lo ignoravo) come la città con le migliori scuole per l'infanzia DEL MONDO. 
Dopo una visita a una scuola materna, non posso che confermare, un sogno. Una meraviglia. Se mai avrò un figlio, lo porto a scuola a Reggio Emilia, a costo di fare il pendolare in bicicletta andata-ritorno ogni giorno.
Una tale attenzione per la cultura e l'educazione nei giovani esemplari d'uomo inevitabilmente ha qualche effetto sulla società tutta, perciò non stupisce che ci siano iniziative artistiche di tutti i tipi, come Reggionarra. Due giorni di storie per le vie, nelle piazze, nei teatri e agli angoli delle strade. 
Narratori, attori, genitori che hanno trasformato Reggio Emilia in un gigantesco libro di fiabe percorribile per ascoltare storie di mondi lontani. 
Domenica gran finale con L'Alveare delle Storie, un'esperienza teatrale unica. Un intero pomeriggio di racconti, spettatori che entrano a ritmo continuo, palchetti che diventano culle di storie.

D'un tratto, comincia l'incanto.
Tintinna il foyer del teatro Valli di Reggio Emilia, sotto gli occhi del pubblico curioso che assiste alla discesa di un gruppo di angeli bianchi.
Accompagno il primo gruppo di ascoltatori nel mio palchetto e lì iniziano ad avvicendarsi bambini intimiditi e bambini catturati, giovani e adulti che vogliono tornare bambini, genitori che sono lì solo per accompagnare i figli ma che si ritrovano inaspettatamente ipnotizzati dal potere delle storie.

Una bambina di 3-4 anni, con lunghi boccoli biondi e due enormi occhi celesti. Praticamente Candy Candy da piccola. Calibrando il racconto per la sua presenza mi limito negli elementi di paura, ma poi mi rendo conto che ad ogni passaggio spaventoso il suo sorriso si allargava e scambiava uno sguardo entusiasta verso i genitori. Allora giù il pedale horror.

Sfruttare quei pochi secondi di libertà per guardarsi attorno, studiare la magia dell'Alveare, catturare suoni, sbirciare i compagni nei propri palchetti e cercare di intuire in quale punto della loro storia siano.

"Carlo, sarai stanco, vuoi un cambio?"
"Non pensateci nemmeno, io non mi fermo."

L'ultimo gruppo della giornata ha ascoltato la mia storia, con lo sguardo calamitato su di me, vivendo con trasporto tutta la fiaba. Occhi lucidi, sorrisi, risate... un'ora dopo scopro che sono tutti stranieri e non capiscono una sola parola di italiano. Potrei deprimermi, perché se avessi parlato sotto forma di supercazzola per 15 minuti non sarebbe cambiato granché, ma credo che gioirò per essere riuscito a raggiungere il loro cuore anche al di là del confine delle parole.

Rendersi conto a fine giornata di aver fatto in un giorno 6 repliche al Teatro Valli, tutte sold out. La tripla mi era capitata, la sestupla ancora no.

Ora la valigia del cantastorie è più piena di una settimana fa, il viaggio si fa più interessante e nella mia testolina sono comparse nuove destinazioni. Ma il ronzio delle buone storie e delle belle persone incontrate non svanisce nelle mie orecchie...



Le favole dove stanno?
Ce n'è una in ogni cosa:
nel legno del tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.
La favola sta lì dentro, 
da tanto tempo e non parla,
è una bella addormentata
e bisogna risvegliarla.
Ma se un principe, o un poeta
a baciarla non verrà
un bambino la sua favola
invano aspetterà.

martedì 6 maggio 2014

Teatlondra

Nella mia mente Londra sta perdendo l'accezione di città, ma si sta trasformando più o meno in una catena di teatri in franchising. Quando penso a Londra, la prima cosa che mi viene in mente è l'immagine a fianco.
Controllare quali spettacoli sono in programmazione, incastrare gli orari e le date per vederne il più possibile in pochi giorni, prenotare posti e biglietti cercando di trovare un buon compromesso tra il mio voler stare davanti e non voler vendere un rene sul mercato nero per potermeli permettere.
Non torno mai a casa deluso e anche quest'anno ho avuto tanto. Ma tanto tanto.

The 39 Step: Una spy-story hitchcockiana messa in scena da 4 attori, che interpretano un centinaio di personaggi in 100 minuti, facendosi da soli gli effetti speciali. Un approccio scenico che mi ha ricordato molto l'improvvisazione, mooooolto interessante.

Charlie e la fabbrica di cioccolato: Magico, nel vero e proprio senso della parola. Sono tornato a quando da bambino leggevo il libro di Roald Dahl, visivamente straordinario, musiche divertenti e bambini caratteristi con un'espressività fuori dalla norma.

Urinetown: Io adoro questo musical. L'ho sempre adorato, ma questa versione è ancor più cattiva, ti fa soffrire mentre lo guardi, e nel frattempo ti commuovi e ridi alle lacrime. In prima fila in un teatrino minuscolo con gli attori a meno di un metro da me.

Once: Entri a teatro e sul palco c'è un bancone. Sali sul palco, ordini da bere e ti ritrovi a non scendere più. Cioè, sì, scendi dal palco, ma rimani coinvolto nella storia dei due protagonisti. Credo di non essere mai stato così tanto trasportato emotivamente all'interno di uno spettacolo, interpreti eccellenti e una delle regie più intelligenti di sempre. Direi che batte Billy Elliot come miglior musical che io abbia mai visto.

Book of Mormon: Una piccola delusione. Mi aspettavo tanto, ma è stato "solo" buono, è come vedere una buon episodio di South Park. Non mi ha sorpreso, era esattamente quello che mi aspettavo ascoltando il CD, complice forse un cast che attorialmente bof.

Tito Andronico: Per festeggiare il 450° compleanno di Shakespeare volevo fare una gitarella a Stratford a vedere casa sua, ma gli orari non si incastravano coi miei programmi teatrali serali (a meno che non pagassi quasi duecento euro per un treno. AHAH.)
Così, ho rispettato la tradizione e sono entrato al Globe, come deve avvenire ogni volta che vado a Londra. Mi sembrava strano che quest'anno non ci andassi, e alla fine il destino mi ci ha riportato.
Non sono un fan di molte tragedie del Bardo, e vedere Tito Andronico è stato solo un ripiego perché non avevo altro da vedere... ma, mamma mia, è stato uno spettacolo incredibilmente potente, cruento, ben pensato per sfruttare il coinvolgimento del pubblico. Sono stato quasi intossicato dal fumo, ho dovuto correre da una parte all'altra della platea per non venire investito da delle pedane rotanti, mi è stato rovesciato addosso vino e sangue, ha piovuto, e data la violenza di certe scene una ragazza mi è svenuta addosso e un altro è andato a vomitare in un angolo.
Mi sono ricreduto: nonostante il testo non sia tra i miei preferiti, forse è lo spettacolo più interessante che io abbia visto al Globe, dopo il Sogno.

Matilda: Lo spettacolo da cui mi aspettavo di più in assoluto, e non mi ha deluso. Ci sono alcuni problemi di ritmo nella storia e la bambina protagonista non mi ha fatto impazzire, ma per le tematiche affrontate e il modo in cui sono messe in scena giocano proprio sulle mie corde più sensibili. Alcune scene sono fiacche, ma i momenti più emozionanti sono dei picchi con cui pochi altri spettacoli possono competere.
Migliori scenografie e migliori inchini finali che io abbia mai visto a teatro.

Certo, oltre al teatro ho fatto altro: pescare nelle fumetterie titoli sconosciuti che mi ispiravano, incontrare Martin Freeman nel bagno di un locale, imparare a usare i bus dopo esser capitato nel bel mezzo di uno sciopero della metro, chiacchierare con amici presenti su suolo londinesi, andare alla caccia di location nerd come il Tardis o il World's End...
Ma come avrete intuito leggendo i commenti degli spettacoli, per me il vero viaggio è in platea. O tornando a casa, ripensando alla ricchezza che mi ha attraversato la mente e il cuore.