lunedì 28 dicembre 2015

Home Alone


Sono finalmente andato a vivere da solo, come il buon Jerry Calà. 
In realtà cercando di far stare in una casa tutto ciò che volevo mi sono sentito più come il ragazzo di campagna (taaaac) di Renato Pozzetto, ma dopo un anno di sudore e fatica, vedo intorno a me l'appartamento che avevo nella mia mente.
Finalmente lontano da mia madre e dal manto di negatività che mi avvolge in sua presenza, posso affrontare con una nuova carica di energia questa ripartenza - da molti punti di vista - dopo un anno che non definirei proprio positivo.
Ma ora mi guardo attorno, sono immerso tra i colori, le forme, le scritte e le stramberie che ho scelto, e sto bene. 
Sono riuscito a fare di questo appartamento esattamente ciò che volevo, quindi posso fare tutto.
In realtà da sempre ho avuto la possibilità di riuscire in ciò che volevo, era sufficiente crederci, e questa casetta è un promemoria per gli anni a venire.
In barba a tutti gli idraulici, i muratori, i piastrellisti, gli elettricisti che "No, non si può fare" alla prima richiesta fuori dagli schemi. 

Dicono che il trasloco è l'esperienza più stressante che un essere umano possa vivere dopo la violenza sessuale. Aggiungete a ciò una ristrutturazione, e le cose si complicano. Ma soprattutto, mettete tutto questo in mano a una persona come me che non ha alcuna intenzione di fare le cose "come si sono sempre fatte" e il processo diventa ancora più arduo.
Per ogni ostacolo o richiesta impossibile sono riuscito a trovare un modo per aggirare i problemi, un espediente con cui rendere fattibile e semplice qualcosa che gli addetti ai lavori trovavano improbabile.

Non è tutto-tutto pronto, mancano ancora le tende, qualche mobile, ho quintali di libri ancora da traslocare per riempire gli scaffali. 
Ma il più è concluso, e per definire un traguardo ho fatto una festa d'inaugurazione, inaugurando gente da ogni dove. Ho visto amici che non vedevo da tanto, mi sono divertito con persone che purtroppo ho occasione di vedere soprattutto per lavoro, ho riso, ho giocato, ho organizzato una caccia al tesoro. Sono stato bene.
Mi ha fatto piacere vedere che un po' tutti hanno apprezzato questo mio nido, o -se così non è- almeno hanno finto molto bene. Chi temeva stessi allestendo la fabbrica di Willy Wonka ha detto che invece è bella, e le stramberie hanno davvero un bell'impatto. Nerd e teatranti hanno goduto di qualche chicca qua e là, ma una delle più grande soddisfazioni è stato sentirmi dire che nonostante tutte le idee, sembra una casa "semplice" da realizzare, non traspaiono tutte le fatiche che ho dovuto superare negli ultimi 12 mesi per ultimarla.

È un po' il modo in cui cerco di vivere, con un sorriso in faccia e ciò che di meglio posso trasmettere agli altri, senza appesantire con ciò che avviene dietro le quinte.
Ma ora Casa Montori, la movida è qui, party never stop, eventi come se piovessero, ogni mese.

...ma chi voglio prendere in giro: passerò tutte le giornate a guardare telefilm a letto, con le tapparelle abbassate, accogliendo gatti randagi.


venerdì 27 novembre 2015

Il lavoro rende liberi... dicevano.


Appena trascorso un mese e mezzo intenso - tanto per cambiare.
Tra focacce liguri, casting bizzarri, braccialetti imposti, pupazzi, borsoni pieni di fumetti e sguardi prolungati.
Giro per l'Italia, organizzo o partecipo a eventi nel campo dell'intrattenimento, e ancora mi stupisco di quanto le cose possano essere differenti.
Grandi mezzi e ottima pianificazione che danno grandi risultati, grandi mezzi e pessima organizzazione con pessimi risultati. Mondi in cui si contrappongono entusiasmo e scarsa professionalità da una parte, a poca voglia di fare ma grandi competenze dall'altra.
Progetti di terz'ordine che si rivelano interessanti e grandi aspettative per idee malfatte.
Il trucco è cercare di cogliere da ogni esperienza quello che funziona e quello che non va, per trovare la strada migliore per sviluppare i miei mondi.
E almeno un paio stanno per prendere forma, con l'approccio e le tempistiche migliori.
Guardo al futuro prossimo e mi sembra che potrò respirare vita, a pieni polmoni.


L'ultimo giorno di completa vacanza che mi sono concesso è stato lo scorso 28 dicembre.
L'ultimo giorno in cui ho staccato per 24 ore consecutive dai miei lavori e mi sono rilassato, rimandando al giorno successivo qualunque compito/scadenza/urgenza/problema da risolvere.
Ho pensato che fosse eccessivo non aver fatto nemmeno una pausa quest'anno, perciò per concludere in bellezza il 2015 mi sono regalato -addirittura- 2 interi giorni di relax.
Il primo sarà domani: me ne vado a Milano, chiacchiere con amici e mi guardo 2 musical. (sì, lo so, teatro. che ci posso fare, è più forte di me. ma prometto che me li godo in pieno relax senza prendere appunti.)
Il secondo giorno di festa - in tutti in sensi - che mi concedo sarà finalmente l'inaugurazione di casa nuova. Riuscire a ultimarla è stato un travaglio, ci sono stati tutti gli inconvenienti possibili, ma finalmente riesco a vedere la linea del traguardo. Non è la casa più bella del mondo, ma è la mia casa, non ce ne sono altre come lei e sono riuscito a fare sì che fosse proprio come me l'immaginavo, per quanto balzane e complicate fossero alcune idee. Mi rappresenta e mi fa sorridere quando mi guardo intorno.
Nonostante tutto è "solo" una casa, una scatola in cui vivere, se non si considerano tutti gli addobbi e le storie che ci ho messo dentro. Ma mi auguro potrà essere l'occasione per una ripartenza, visto che ho bisogno di lasciarmi alle spalle tutta la negatività, così da buttarmi a capofitto in ciò che faccio con una ritrovata serenità.
Perché amo il mio lavoro e ogni goccia di sudore o notte insonne riesce poi a regalarmi un'emozione che difficilmente sarei in grado di trovare altrove.

domenica 4 ottobre 2015

Stage Fighter... Ready Player One?

Quando ho iniziato a fare teatro, alcuni amici pensavano che questa nuova passione mi avrebbe fatto diventare meno nerd...
Illusi.

Scusa Shakespeare, scusa Plauto, scusa Pinter, scusa Pirandello, scusa Stoppard.
Ho avuto la balzana idea di portare i videogiochi sul palcoscenico, ma è tutta colpa della crossmedialità. Poteva andare peggio, avrei potuto diventare uno Youtuber.
E invece, ecco che tutti quei pomeriggi trascorsi in sala giochi durante la mia infanzia/adolescenza improvvisamente assumono un senso! Ah-ha, beccatevi questo, ragazzini con un sacco di amici!
Le centinaia di ore passate a manovrare joystick e pigiare pulsanti per lanciare Hadoken e fare combo con Blanka non sono servite solo a sviluppare una sovrumana agilità manuale (sì, fanciulle all'ascolto, avete capito *occhiolino*).

Dopo mesi di fatiche, tra riunioni, telefonate, e-mail, progetti e cambi di programma, finalmente cominciamo le attività di Teatro Tao. Ci saranno workshop, gruppi di lavoro e alcune sorprese che ancora dobbiamo annunciare, ma il tassello più importante con cui cominciare è di sicuro il primo spettacolo. Ancor di più perché è un nostro spettacolo, in futuro ospiteremo compagnie da tutta Italia e artisti internazionali, ma questa è una creatura made in Teatro Tao
Per più di 10 anni ho guardato spettacoli di improvvisazione, mi sono passati davanti agli occhi format validi e altri meno, ora è il momento di passare dall'altra parte e vedere come va; ci avevo già provato qualche anno fa con lo spettacolo d'improvvisazione per ragazzi "La Storia che non C'è", ma stavolta si gioca nel mondo dei grandi.

E per non smentirmi, figuriamoci se il mio animo nerd non si mette a fare il perfezionista per non tradire quell'1% di profondi conoscitori di Street Fighter presenti in sala. E quindi attorno allo spettacolo ecco schede dei personaggi, colonne sonore a tema selezionate in modo filologico, scenografie pensate e assemblate in modi assurdi, improvvisazioni originali e bizzarre interazioni col pubblico... come al solito, per le cose che faccio, credo che mi divertirò soprattutto io.
Beh, è questo il trucco, no?

lunedì 31 agosto 2015

Il Funambolo - Season 2

Che annata strana, questa seconda stagione da Funambolo.
Dopo esser partito alla grande con un primo anno ricco di piacevoli esperienze, ero convinto di avere davanti un anno più tranquillo, nel quale sarei ripartito con progetti piccoli e personali creando qualcosa in cui potessi riconoscermi in grado di rappresentare tutte le mie sfaccettature.

HA! Nulla di più diverso dalla realtà!

Lo scorso ottobre ho aperto la Piccola Bottega degli Errori, e mi fa sorridere rileggere le parole con cui in quel periodo la descrivevo; solo una minima parte di quel progetto ha fatto capolino in questi mesi, ma sono stato travolto dalla forza degli eventi, abbondanti e inaspettati più che mai.
È stato l'anno in cui mi sono immerso a capofitto nel musical, io che pensavo di non vederlo più da lontano appena finita l'accademia; e invece, dopo la tournée di Scooby-Doo, quest'anno mi sono trovato a produrre/scrivere/interpretare due concerti-spettacolo di discrete dimensioni, più un sacco di concertini a zonzo per la regione.
È stato un anno intenso, forse troppo, ci sono stati momenti in cui ho creduto di non riuscire più ad andare avanti, discussioni, dubbi esistenziali, pianti, rabbia, cambi di programma e rush finali, tutti elementi di cui farò tesoro per le mie esperienze future.
È stato l'anno del tempo perduto, tra mesi di lavoro strappati dalle mani, copioni scritti con impegno che poi però non servono più a nessuno, progetti a lungo termine a cui ho dato tutto me stesso che sono sfumati attorno a me (senza che io c'entrassi nulla e potessi fare qualcosa per farli sopravvivere), e un paio di audizioni superate dopo più sessioni a cui ho stupidamente detto di no per fedeltà ai progetti di cui sopra (proprio appena prima che scoppiassero).

Tutto ciò sicuramente mi ha cambiato, ho una diversa visione di me stesso e senza dubbio ho già maturato un diverso approccio in campo professionale.
Ma fortunatamente ho avuto occasione di ricordarmi dove voglio andare e chi voglio essere.
E ora?
Sono già stati avviati gli ingranaggi di Teatro Tao, un ritorno alle origini con l'improvvisazione teatrale, che mi ha fatto muovere i primi passi sulle assi del palcoscenico.
Finalmente tra qualche settimana potrò trasferirmi nella casa in cui volevo traslocare ormai un anno fa, e a causa di tutti questi scombussolamenti il restauro è durato fin troppo e solo ora avverrà il mio insediamento. Ma quella casuccia è e sarà una delle mie più grandi soddisfazioni.
Ma soprattutto, dopo quest'anno-uragano riparto con progetti più piccoli e personali, creando qualcosa in cui posso riconoscermi, in grado di rappresentare tutte le mie sfaccettature.

domenica 26 luglio 2015

Io odio puffare sul mio blog!

L'odio è una reazione automatica alla paura, perché la paura è umiliante. 
E così la paura crea il nemico, il nemico crea la difesa, e la difesa crea l'attacco. 
Diventi aggressivo, stai costantemente in guardia, sei contro tutti.
Oppure, per dirla come un piccolo jedi verde: La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all'ira, l'ira all'odio, l'odio conduce alla sofferenza.

È difficile spiegare la mia positività. 
Sono solare, sereno, vedo quasi sempre il bicchiere mezzo pieno e questo sembra essere incomprensibile. 
O forse dà fastidio, non ho ancora ben imparato a distinguere dove sia il punto della questione. Bè, ovunque mi giri mi ritrovo circondato da persone negative, che hanno un problema per ogni soluzione. 
Forse ho bisogno di trovare un campo fertile dove seminare allegramente arcobaleni e unicorni.



Comunque, promemoria che la vita è bella, lascio parlare qualche film, visto che ultimamente non sono in un mood particolarmente espressivo:





In questo periodo sta riuscendo a salvarmi una canzone. Non posso farvela sentire, ancora "non esiste", è una di quelle cose tipo Segreto di Stato prima di concorrere a Sanremo.
(Tranquilli, non è mia, non mi sono messo a fare anche lo chansonnier)
Ma è bella, mi parla, mi smuove, e mi ricorda che forse non sto proprio sbagliando tutto, anzi.
Spero di potervela far sentire, prima o poi.

sabato 20 giugno 2015

Back(to)Street Boy

Quasi tre mesi in cui non passo di qua, quasi tre mesi in cui ho fatto tanto, ritrovandomi coinvolto in molti progetti teatrali diversi. Al timone di rush affrettati o allestimenti richiesti all'ultimo momento, coinvolto in produzioni traballanti o kolossal artisticamente dubbi, superando audizioni di spettacoli mai partiti... in tutto questo marasma la mia principale attività rimane il settore musical.

Mi sono avvicinato al teatro con l'improvvisazione, ma per quanto sentissi fosse la mia naturale forma d'espressione, sono dovuto andare a curiosare nella prosa. Poi da lì sono approdato alle cene con delitto, agli spettacoli medioevali, al teatro ragazzi, però nemmeno tutto ciò è riuscito a farmi stare fermo troppo a lungo. Decido di cimentarmi addirittura con il canto e la danza, ritrovandomi per tre anni in un'accademia di musical, terminata la quale ero convinto sarei tornato a masticare improvvisazione e prosa.
E invece no.

In un anno di vita della compagnia I NoteVoli abbiamo allestito due spettacoli, registrando una partenza col turbo che ha superato le nostre aspettative e grazie alla quale - al netto di tutto il sangue, il sudore e le ulcere - sto raccogliendo un bel po' di soddisfazioni personali. Abbiamo già alcune date in programma per il futuro, nuovi progetti in cantiere di grossa portata... ma è inutile, non riesco a stare fermo a fare una cosa sola: il richiamo del multi-tasking schizofrenico è più forte di me.

Complice il mio tradizionale soggiorno a Pennabilli, durante il quale per quattro giorni mi sono immerso in un borgo popolato da artisti provenienti da tutto il mondo, credo di aver definito il prossimo obiettivo verso il quale concentrerò i miei sforzi: il teatro di strada.
Una città non è solo un cumulo di negozi, ci sono strade e piazze che possono essere un luogo dove vivere grandi emozioni. Il palcoscenico, le luci, il sipario, il buio della platea contribuiscono al fascino di un teatro che ricrea ogni sera una sorta di rituale, ma per un attore è molto più prezioso guardare il pubblico negli occhi, palpare l'energia degli spettatori.
Avere grandi e piccini a pochi passi che ridono, trattengono il respiro, vengono chiamati a essere parte integrante dello spettacolo rendendo così diversa ogni singola replica.

Il teatro "da palcoscenico", di qualunque tipo esso sia, dovrebbe imparare dal teatro di strada a non prendersi così tanto sul serio.
Invece il teatro di strada dovrebbe imparare dal teatro "da palcoscenico" a... bè, niente, va già bene così.
Ogni volta che mi ritrovo a partecipare, come attore o spettatore, a un festival di teatro di strada mi ripeto che voglio dedicare a questo universo una parte costante del mio lavoro; sogno da anni di trascorrere un'estate sulle ramblas di Barcellona o poter andare al Fringe Festival di Edimburgo, partendo solo coi soldi del viaggio e guadagnarmi da vivere a cappello.
Sento che devo farlo, almeno una volta nella vita. Questa volta l'innamoramento nei confronti della strada è più forte delle volte precedenti, gli ingranaggi nella testa si sono già messi in moto e dovrebbe essere finalmente l'occasione giusta. Qualcosa sta nascendo.

martedì 31 marzo 2015

Directing Life

Un regista prende 100 decisioni all'ora. Gli studenti mi chiedono come so come prendere la decisione giusta e io rispondo "Se non sai come prendere la decisione giusta, non sei un regista."
                                                                                                                          [George Lucas]

"Date una chitarra elettrica a quel papero parlante, fidatevi di me!"
                                          [sempre George Lucas]
Il regista è un mestiere duro, perché richiede la compresenza di ambizione e umiltà: ambizione perché sei il responsabile ultimo di un'opera, umile perché devi essere consapevole che se qualcosa fallisce è colpa tua ma se tutto va a buon fine non tutti i meriti sono tuoi.
Un regista gestisce un'incredibile quantità di elementi di uno spettacolo, dall'atmosfera al ritmo, dalla fotografia agli attori. Ed è umanamente impossibile che riesca a gestire da solo tutto ciò a cui sarebbe preposto dal suo ruolo, quindi deve trovare il giusto equilibrio tra delega a persone fidate e supervisione in prima persona.
A questo si possono aggiungere poi ulteriori difficoltà: se fai il regista di te stesso hai un'enorme stima per quel grande attore e al contempo un'eterna insoddisfazione di quell'attore che non tira fuori il massimo, se fai il regista di un tuo testo non avrai mai un copione definitivo, se poi ti metti a trasformare in copione un libro che ami passerai le pene dell'inferno perché senti l'obbligo morale di rendere giustizia al testo originale. 

Ultimamente mi sento regista della mia vita. 
Non lo scrivo nel senso "finalmente sono padrone della mia vita", ma proprio che sto gestendo sempre più aspetti del mio cammino su questo pianetucolo come gestisco le cose sul palcoscenico.
Ho sempre avuto un sacco di impegni e progetti da portare avanti parallelamente, ma ultimamente riesco a districarmi (più o meno) tra i vari compiti affrontando l'agenda come uno spettacolo, adottando gli stessi trucchi che uso tra le pareti di un teatro o di una sala prove.
Ho quasi ultimato la restaurazione di un appartamento, arredando e pensando ogni singolo angolo della casa come fosse uno spettacolo, ogni stanza una scena... Ma ne parlerò più avanti, per ora è ancora tutto top secret, l'inaugurazione incombe.
Il succo è che quella fetta di mia vita, quella sopra le assi di legno e dietro il telo rosso del sipario, si sta inglobando sempre di più l'altra fetta della mia vita. Presente anche quando è assente. Portando il suo ordine nel mio caos.

Poi, in tutta questa frenesia, arriva Jessica Alba a Bologna e me la perdo.
Credevo che sarebbe stato molto più probabile nella mia vita pronunciare "Ehi, un ippopotamo mi sta entrando nell'ombelico" oppure "Guarda, Moira Orfei si sta arrampicando sulla Torre di Pisa!" piuttosto che "Lo sai che ieri c'era Jessica Alba in Montagnola?"... e invece.
Peggio per lei, non sa che cosa si perde.

Succedono cose strane in questo mondo.
Ma ne succederanno altre, e spero di poter contribuire a rendere tutto ancora più strano.

giovedì 5 marzo 2015

La Prima a Broadway

Dopo 5 mesi di lavoro, la Prima di "Applausi a Broadway" è andata.
Ci sono stati gli applausi (tanti), c'è stata Broadway (non ne eravamo certi al 100%, ma poi è stata proprio come la sognavamo), e l'atmosfera era proprio quella che ci aspettavamo, quella di un primo grande passo di un cammino ancor più grande.


Io sono felice.
Ci sono stati inconvenienti, ci sono cose da migliorare, ma lo spettacolo è andato bene: il pubblico si è divertito e non sono mancati i complimenti di spettatori "semplici" e degli addetti ai lavori.
È stato un risultato enorme, se penso a quanto avevamo puntato in alto, a quanto abbiamo raggiunto, in quanto tempo, in quante persone.
Il complimento più bello che abbiamo ricevuto riguarda il fatto che era evidente sul palcoscenico che tutto quanto fosse stato realizzato da noi, con amore. Non potevo sperare di meglio: se io, portabandiera mondiale dell'entusiasmo, sono riuscito a trasmettere a qualcuno che con l'entusiasmo si possono compensare i mezzi e le disponibilità delle grande produzioni, ho colpito il segno.

La più grande soddisfazione che ho avuto una volta arrivato a teatro è stato vedere pian piano che tutto quello che per mesi mi ero disegnato nella testa stava pian piano prendendo forma esattamente come me l'ero immaginato. Le scene, le gag, le scenografie, le luci...
Vedere su quel palco i miei compagni, alcuni dei quali miei compagni d'accademia per anni, e sentirli cantare brani che avevo già visto interpretati da loro in un'aula illuminata dai neon... sono stato investito da questa sensazione di aver preso le stesse performance e averle semplicemente in una scatola migliore, in grado di valorizzare il loro talento.
Inoltre mi sto rendendo conto - e succede sempre più spesso - che nonostante abbia avuto i miei momenti di gloria in scena, sono più soddisfatto quando scrivo/dirigo qualcosa perché lo interpretino altri e viene bene, rispetto a quando interpreto qualcosa io e viene bene.
Vabbé, ne prendo atto.
...e pensare che ero convinto di voler fare l'attore.

venerdì 20 febbraio 2015

Dark Side of the Me

Da multi-lavoratore freelance ci sono periodi in cui mi ritrovo a dover portare avanti parallelamente una miriade di progetti, mentre ci sono altri periodi (fortunatamente, pochi) in cui tutto diventa improvvisamente più rarefatto e posso addirittura permettermi di respirare. Lentamente. Sorridendo.
Gli ultimi mesi da questo punto di vista sono stati un picco di vita rocambolesca, tra lavori che si aggiungono/sovrappongono all'ultimo momento, cambi di programma, defezioni, inconvenienti vari ed eventuali, impegni presi da tempo che saltano facendomi morire dentro, compiti altrui di cui mi devo fare carico perché altrimenti è un casino, realtà alle quali mi sono dedicato anima e corpo gestite in modo pressapochista, eccetera eccetera.
Il problema è sempre il mio carattere, l'uber-entusiasmo che metto nelle cose che faccio, e regolarmente ci rimango male quando mi rendo conto che le persone intorno a me non hanno lo stesso fuoco dentro e lo stesso spirito di sacrificio, perché prive di quella disfunzione che mi porta a gettarmi al 130% nei progetti a cui tengo.
E quando l'acqua raggiunge il limite, un attimo prima di traboccare inizio a trovare più attraente che mai il lato oscuro.

Join to the Dark Side!
E invece no, non mollo.
Perché nonostante tutto, nonostante le ulcere che probabilmente mi verranno diagnosticate a breve termine, continuo qua e là a raccogliere le mie soddisfazioni artistiche.
Mi basta una settimana con due classi di scuola elementare, otto ore con ciascuna per montare uno spettacolo, e non so come sia possibile va tutto a buon fine. 
I bambini mi portano i lecca-lecca a inizio lezione (una volta non si portava la mela al maestro? Non sono aggiornato), supplicano i genitori di portarli a scuola per non perdere la lezione di teatro nonostante malattie e visite mediche, e a fine settimana mi stritolano e non vogliono più lasciarmi andare via. Lo spettacolo, una mia follia che ancora non capisco come possano avermi accettato in una scuola elementare, mescola Into the Woods, Super Mario, Fables di Willingham, ebrei morti, pedofilia, sfruttamento minorile e genitori assenti. Così, una bella storiella allegra per bambini.
Ma soprattutto, tra una settimana esatta andrà in porto il mio secondo spettacolo, decisamente più ambizioso del primo che avevo allestito circa un anno fa. "Applausi a Broadway", nato come un concerto, ma poi degenerato in preda all'entusiasmo e alla voglia di fare in qualcosa di più grosso e più impegnativo. Copione, regia, scenografia, costumi, oggettistica, canzoni, coreografie, organizzazione, promozione... essere al timone di un progetto così grosso è stato faticoso, i preparativi e le prove sono stati lunghi e sono sicuro che i prossimi giorni, trovandomi a una settimana esatta dalla Prima, sarà anche peggio.
Ma la fatica fa parte del gioco, è come chiedere a un maratoneta grondante di sudore dopo ore di corsa se sta soffrendo. Sì, ha superato i suoi limiti, gronda sudore e ogni sua certezza vacilla, ma sa che i muscoli doloranti e il cuore sul punto di esplodere festeggeranno soddisfatte una volta tagliato il traguardo.

venerdì 30 gennaio 2015

Mantello o Carlanselma?

Da ormai 18 anni, per i motivi più disparati, la mia vita è strettamente connessa a Rat-Man.
Non perché sia uno dei miei fumetti preferiti in assoluto.
Non perché consideri l'autore una delle figure in cui vedo, come in pochi altri, il mio significato di "artista" (con un'irrefrenabile voglia di raccontare, evolversi e osare).
Non perché mi sono ritrovato in più occasioni a ridere e ingozzarmi di tortelli al fianco del suddetto autore.
Non perché ho passato qualche giornata assurda in calzamaglia gialla e con in testa una maschera con orecchie da topo.
Non perché, entrando nel Fan Club di Rat-Man abbia partecipato a eventi emozionanti e conosciuto persone che considero amiche.
O meglio sì, tutto ciò, ma c'è di più.
Per qualche strano, assurdo motivo, le storie di Rat-Man parlano di me. È l'eroe sfigato in cui nessuno crede, ma nonostante tutte le volte in cui cade si rialza e ce la fa, tenace come pochi, ma in quello ci si possono riconoscere diverse persone. La stramberia è che in molte -troppe- occasioni, il susseguirsi degli eventi coincide in modo serendipitoso con la mia vita personale. Mi succede qualcosa, e dopo qualche giorno esce il nuovo numero, e la storia parla proprio di ciò che mi è accaduto. Fatti, scelte, riflessioni... boh, le ritrovo spesso tra le pagine di Rat-Man.
Anche quando per qualche motivo mi trovo a rileggerlo, com'è successo qualche giorno fa con La Tela Strappata!.


Rat-Man ha votato la sua vita alla carriera da supereroe, a combattere contro le ingiustizie. In una sua avventura viaggia tra le realtà parallele e incontra la sua famiglia, una famiglia che non ha mai avuto; la donna amata a cui ha dovuto rinunciare, la bambina che nel suo universo non è mai nata.
...non sono assalito da un improvviso desiderio di paternità, tranquilli.
Ma mi sono trovato a riflettere, questo mese molto più del solito, alla vita "normale" a cui ho rinunciato per fare l'artista. Per dedicarmi anima, corpo e anche qualcosina in più ai miei progetti, a sviluppare le cose con l'impegno che ritengo necessario, ad avere una mia etica e a rispettare le persone con cui collaboro.
Questo, me ne rendo conto io per primo, mi ha portato a dover accantonare molto. Amicizie, amori, legami speciali, la possibilità di essere presente in momenti importanti per persone a cui voglio bene, viaggi, vacanze, scoprire nuove cose e dedicarmi a semplici passatempi per puro relax.
Se ci penso mi sento come quegli uomini incravattati freddi e calcolatori che rinunciano agli affetti per la carriera; il fatto che non sia il responsabile di una multinazionale o il responsabile di una fabbrica, ma che operi in campo artistico, lo rende meno grave?
Vale la pena compiere questi sacrifici, per cercare di raccontare o trasmettere qualcosa agli altri, anche se ti incontrano solo per un paio d'ore nel buio di un teatro? Mi rispondo di sì, forse per presunzione.
Però, in pieno stile Sliding Doors, è inevitabile pensare "What if...?", ogni tanto. Poi fortunatamente non mi rimane troppo tempo per vagare con la mente, così mi immergo nuovamente nel lavoro che tante soddisfazioni e tante emozioni riesce a regalarmi. 

Ma a che prezzo?

Fletto i muscoli e sono nel vuoto.