venerdì 30 gennaio 2015

Mantello o Carlanselma?

Da ormai 18 anni, per i motivi più disparati, la mia vita è strettamente connessa a Rat-Man.
Non perché sia uno dei miei fumetti preferiti in assoluto.
Non perché consideri l'autore una delle figure in cui vedo, come in pochi altri, il mio significato di "artista" (con un'irrefrenabile voglia di raccontare, evolversi e osare).
Non perché mi sono ritrovato in più occasioni a ridere e ingozzarmi di tortelli al fianco del suddetto autore.
Non perché ho passato qualche giornata assurda in calzamaglia gialla e con in testa una maschera con orecchie da topo.
Non perché, entrando nel Fan Club di Rat-Man abbia partecipato a eventi emozionanti e conosciuto persone che considero amiche.
O meglio sì, tutto ciò, ma c'è di più.
Per qualche strano, assurdo motivo, le storie di Rat-Man parlano di me. È l'eroe sfigato in cui nessuno crede, ma nonostante tutte le volte in cui cade si rialza e ce la fa, tenace come pochi, ma in quello ci si possono riconoscere diverse persone. La stramberia è che in molte -troppe- occasioni, il susseguirsi degli eventi coincide in modo serendipitoso con la mia vita personale. Mi succede qualcosa, e dopo qualche giorno esce il nuovo numero, e la storia parla proprio di ciò che mi è accaduto. Fatti, scelte, riflessioni... boh, le ritrovo spesso tra le pagine di Rat-Man.
Anche quando per qualche motivo mi trovo a rileggerlo, com'è successo qualche giorno fa con La Tela Strappata!.


Rat-Man ha votato la sua vita alla carriera da supereroe, a combattere contro le ingiustizie. In una sua avventura viaggia tra le realtà parallele e incontra la sua famiglia, una famiglia che non ha mai avuto; la donna amata a cui ha dovuto rinunciare, la bambina che nel suo universo non è mai nata.
...non sono assalito da un improvviso desiderio di paternità, tranquilli.
Ma mi sono trovato a riflettere, questo mese molto più del solito, alla vita "normale" a cui ho rinunciato per fare l'artista. Per dedicarmi anima, corpo e anche qualcosina in più ai miei progetti, a sviluppare le cose con l'impegno che ritengo necessario, ad avere una mia etica e a rispettare le persone con cui collaboro.
Questo, me ne rendo conto io per primo, mi ha portato a dover accantonare molto. Amicizie, amori, legami speciali, la possibilità di essere presente in momenti importanti per persone a cui voglio bene, viaggi, vacanze, scoprire nuove cose e dedicarmi a semplici passatempi per puro relax.
Se ci penso mi sento come quegli uomini incravattati freddi e calcolatori che rinunciano agli affetti per la carriera; il fatto che non sia il responsabile di una multinazionale o il responsabile di una fabbrica, ma che operi in campo artistico, lo rende meno grave?
Vale la pena compiere questi sacrifici, per cercare di raccontare o trasmettere qualcosa agli altri, anche se ti incontrano solo per un paio d'ore nel buio di un teatro? Mi rispondo di sì, forse per presunzione.
Però, in pieno stile Sliding Doors, è inevitabile pensare "What if...?", ogni tanto. Poi fortunatamente non mi rimane troppo tempo per vagare con la mente, così mi immergo nuovamente nel lavoro che tante soddisfazioni e tante emozioni riesce a regalarmi. 

Ma a che prezzo?

Fletto i muscoli e sono nel vuoto.