venerdì 20 febbraio 2015

Dark Side of the Me

Da multi-lavoratore freelance ci sono periodi in cui mi ritrovo a dover portare avanti parallelamente una miriade di progetti, mentre ci sono altri periodi (fortunatamente, pochi) in cui tutto diventa improvvisamente più rarefatto e posso addirittura permettermi di respirare. Lentamente. Sorridendo.
Gli ultimi mesi da questo punto di vista sono stati un picco di vita rocambolesca, tra lavori che si aggiungono/sovrappongono all'ultimo momento, cambi di programma, defezioni, inconvenienti vari ed eventuali, impegni presi da tempo che saltano facendomi morire dentro, compiti altrui di cui mi devo fare carico perché altrimenti è un casino, realtà alle quali mi sono dedicato anima e corpo gestite in modo pressapochista, eccetera eccetera.
Il problema è sempre il mio carattere, l'uber-entusiasmo che metto nelle cose che faccio, e regolarmente ci rimango male quando mi rendo conto che le persone intorno a me non hanno lo stesso fuoco dentro e lo stesso spirito di sacrificio, perché prive di quella disfunzione che mi porta a gettarmi al 130% nei progetti a cui tengo.
E quando l'acqua raggiunge il limite, un attimo prima di traboccare inizio a trovare più attraente che mai il lato oscuro.

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E invece no, non mollo.
Perché nonostante tutto, nonostante le ulcere che probabilmente mi verranno diagnosticate a breve termine, continuo qua e là a raccogliere le mie soddisfazioni artistiche.
Mi basta una settimana con due classi di scuola elementare, otto ore con ciascuna per montare uno spettacolo, e non so come sia possibile va tutto a buon fine. 
I bambini mi portano i lecca-lecca a inizio lezione (una volta non si portava la mela al maestro? Non sono aggiornato), supplicano i genitori di portarli a scuola per non perdere la lezione di teatro nonostante malattie e visite mediche, e a fine settimana mi stritolano e non vogliono più lasciarmi andare via. Lo spettacolo, una mia follia che ancora non capisco come possano avermi accettato in una scuola elementare, mescola Into the Woods, Super Mario, Fables di Willingham, ebrei morti, pedofilia, sfruttamento minorile e genitori assenti. Così, una bella storiella allegra per bambini.
Ma soprattutto, tra una settimana esatta andrà in porto il mio secondo spettacolo, decisamente più ambizioso del primo che avevo allestito circa un anno fa. "Applausi a Broadway", nato come un concerto, ma poi degenerato in preda all'entusiasmo e alla voglia di fare in qualcosa di più grosso e più impegnativo. Copione, regia, scenografia, costumi, oggettistica, canzoni, coreografie, organizzazione, promozione... essere al timone di un progetto così grosso è stato faticoso, i preparativi e le prove sono stati lunghi e sono sicuro che i prossimi giorni, trovandomi a una settimana esatta dalla Prima, sarà anche peggio.
Ma la fatica fa parte del gioco, è come chiedere a un maratoneta grondante di sudore dopo ore di corsa se sta soffrendo. Sì, ha superato i suoi limiti, gronda sudore e ogni sua certezza vacilla, ma sa che i muscoli doloranti e il cuore sul punto di esplodere festeggeranno soddisfatte una volta tagliato il traguardo.