martedì 31 marzo 2015

Directing Life

Un regista prende 100 decisioni all'ora. Gli studenti mi chiedono come so come prendere la decisione giusta e io rispondo "Se non sai come prendere la decisione giusta, non sei un regista."
                                                                                                                          [George Lucas]

"Date una chitarra elettrica a quel papero parlante, fidatevi di me!"
                                          [sempre George Lucas]
Il regista è un mestiere duro, perché richiede la compresenza di ambizione e umiltà: ambizione perché sei il responsabile ultimo di un'opera, umile perché devi essere consapevole che se qualcosa fallisce è colpa tua ma se tutto va a buon fine non tutti i meriti sono tuoi.
Un regista gestisce un'incredibile quantità di elementi di uno spettacolo, dall'atmosfera al ritmo, dalla fotografia agli attori. Ed è umanamente impossibile che riesca a gestire da solo tutto ciò a cui sarebbe preposto dal suo ruolo, quindi deve trovare il giusto equilibrio tra delega a persone fidate e supervisione in prima persona.
A questo si possono aggiungere poi ulteriori difficoltà: se fai il regista di te stesso hai un'enorme stima per quel grande attore e al contempo un'eterna insoddisfazione di quell'attore che non tira fuori il massimo, se fai il regista di un tuo testo non avrai mai un copione definitivo, se poi ti metti a trasformare in copione un libro che ami passerai le pene dell'inferno perché senti l'obbligo morale di rendere giustizia al testo originale. 

Ultimamente mi sento regista della mia vita. 
Non lo scrivo nel senso "finalmente sono padrone della mia vita", ma proprio che sto gestendo sempre più aspetti del mio cammino su questo pianetucolo come gestisco le cose sul palcoscenico.
Ho sempre avuto un sacco di impegni e progetti da portare avanti parallelamente, ma ultimamente riesco a districarmi (più o meno) tra i vari compiti affrontando l'agenda come uno spettacolo, adottando gli stessi trucchi che uso tra le pareti di un teatro o di una sala prove.
Ho quasi ultimato la restaurazione di un appartamento, arredando e pensando ogni singolo angolo della casa come fosse uno spettacolo, ogni stanza una scena... Ma ne parlerò più avanti, per ora è ancora tutto top secret, l'inaugurazione incombe.
Il succo è che quella fetta di mia vita, quella sopra le assi di legno e dietro il telo rosso del sipario, si sta inglobando sempre di più l'altra fetta della mia vita. Presente anche quando è assente. Portando il suo ordine nel mio caos.

Poi, in tutta questa frenesia, arriva Jessica Alba a Bologna e me la perdo.
Credevo che sarebbe stato molto più probabile nella mia vita pronunciare "Ehi, un ippopotamo mi sta entrando nell'ombelico" oppure "Guarda, Moira Orfei si sta arrampicando sulla Torre di Pisa!" piuttosto che "Lo sai che ieri c'era Jessica Alba in Montagnola?"... e invece.
Peggio per lei, non sa che cosa si perde.

Succedono cose strane in questo mondo.
Ma ne succederanno altre, e spero di poter contribuire a rendere tutto ancora più strano.

giovedì 5 marzo 2015

La Prima a Broadway

Dopo 5 mesi di lavoro, la Prima di "Applausi a Broadway" è andata.
Ci sono stati gli applausi (tanti), c'è stata Broadway (non ne eravamo certi al 100%, ma poi è stata proprio come la sognavamo), e l'atmosfera era proprio quella che ci aspettavamo, quella di un primo grande passo di un cammino ancor più grande.


Io sono felice.
Ci sono stati inconvenienti, ci sono cose da migliorare, ma lo spettacolo è andato bene: il pubblico si è divertito e non sono mancati i complimenti di spettatori "semplici" e degli addetti ai lavori.
È stato un risultato enorme, se penso a quanto avevamo puntato in alto, a quanto abbiamo raggiunto, in quanto tempo, in quante persone.
Il complimento più bello che abbiamo ricevuto riguarda il fatto che era evidente sul palcoscenico che tutto quanto fosse stato realizzato da noi, con amore. Non potevo sperare di meglio: se io, portabandiera mondiale dell'entusiasmo, sono riuscito a trasmettere a qualcuno che con l'entusiasmo si possono compensare i mezzi e le disponibilità delle grande produzioni, ho colpito il segno.

La più grande soddisfazione che ho avuto una volta arrivato a teatro è stato vedere pian piano che tutto quello che per mesi mi ero disegnato nella testa stava pian piano prendendo forma esattamente come me l'ero immaginato. Le scene, le gag, le scenografie, le luci...
Vedere su quel palco i miei compagni, alcuni dei quali miei compagni d'accademia per anni, e sentirli cantare brani che avevo già visto interpretati da loro in un'aula illuminata dai neon... sono stato investito da questa sensazione di aver preso le stesse performance e averle semplicemente in una scatola migliore, in grado di valorizzare il loro talento.
Inoltre mi sto rendendo conto - e succede sempre più spesso - che nonostante abbia avuto i miei momenti di gloria in scena, sono più soddisfatto quando scrivo/dirigo qualcosa perché lo interpretino altri e viene bene, rispetto a quando interpreto qualcosa io e viene bene.
Vabbé, ne prendo atto.
...e pensare che ero convinto di voler fare l'attore.