lunedì 21 luglio 2014

A Midsummer Week's Theatre

Niente, non so se fosse chiaro, nel caso qualcuno passi di qui senza conoscermi, ma io vivo di teatro.
Provato, masticato, fatto, ma soprattutto scoperto e visto.
Perché se uno vuole fare teatro, a teatro deve andarci. Può sembrare un ragionamento così scontato, ma spesso uno pensa di non avere bisogno di andare a vedere cosa fanno gli altri. Ci sono scrittori che non leggono libri. Ci sono registi cinematografici che non guardano film. Ci sono cantanti che non sentono il bisogno di scoprire musica nuova da ascoltare.
Io non sono così. Io voglio vedere tanti spettacoli. Perché il motivo principale per cui faccio teatro è perché mi ha dato tanto, mi ha trasmesso tante emozioni, mi ha raccontato tante storie e voglio provare a restituire una piccola parte di ciò che io ho ricevuto. Ma non ho la minima intenzione di smettere di ricevere, sono un ingordo.
Facendo teatro poi, vado a vedere spettacoli per rubare, copiare, lasciarmi ispirare e vedere cose da cui voglio scappare, scoprire nuove strade da iniziare a esplorare e osservare come altre persone hanno percorso le stesse strade.
Nel mio fondamentalismo (perché ho momenti da fondamentalista, in diversi ambiti) mi sono ritrovato a dire che se uno vuole fare teatro a livello professionale, almeno 3 spettacoli al mese deve guardarseli. Altrimenti non è che gli interessi poi così tanto, il teatro.
La scorsa settimana ho visto tre spettacoli, tre grandi spettacoli, che mi hanno ricordato quanto tanto si possa raccontare, quanti mondi diversi si possano celare sulle assi del palcoscenico, e quanti mondi anche più interessanti possano prendere vita giù dal palcoscenico.

Ragtime al Teatro Comunale di Bologna, produzione BSMT. Una garanzia. 
Avevo sentito solo un paio di brani del musical e conoscevo vagamente l'argomento della storia, perciò mi sono avvicinato allo spettacolo pronto a scoprirlo, consapevole di avere di fronte un grande evento.
E così è stato.
Vocalmente e musicalmente maestoso, coreografie eccezionali tra cui forse quella di maggior impatto che abbia mai visto dal vivo.
Sul palco, tanti volti noti, tanti ex-compagni di accademia che per la prima volta quest'anno sto guardando da sotto il palco. È strano, perché l'anno prossimo dentro la BSMT saranno più le persone che non conosco rispetto a quelle che conosco, ma credo che il legame sarà sempre forte. E guardare spettacoli simili, consapevole di essere al cospetto dell'eccellenza italiana, e sapere di averne fatto parte... bé una scintilla in più me la tiene sempre accesa.

Le Parole e la Città, spettacolo nato per celebrare l'anniversario dell'ITC Teatro di San Lazzaro, altra realtà di cui ho fatto parte (anche se solo per un anno, esperienza breve, ma intensa come tutti i progetti teatrali in cui mi ficco).
Un largo prato su cui sono distribuiti una serie di piccoli palchi. Sopra ognuno di esso una persona, due persone, un piccolo gruppo. Ogni palco rappresenta una realtà della città: un'associazione, una compagnia, un gruppo, un luogo... tanti frammenti della vita a San Lazzaro. Lo spettatore vaga liberamente per il prato, soffermandosi dove la curiosità lo spinge ad ascoltare. Sui piccoli palchi, quadrati di assi di legno, tante performance silenziose. Nelle orecchie degli spettatori, degli auricolari che con un ingegnoso sistema radio trasmettevano una registrazione audio collegata al palco che si osservava.
Una serata a girare per la città, più di quanto siamo ormai abituati a fare, in un modo che permette di esplorarla a fondo, ottenendo scorci delle vite delle persone. Un altro obiettivo teatrale che prima o poi riuscirò a sviluppare, in una delle forme che giacciono speranzose nel mio cassetto.
Ospiti della serata gli Oblivion (altra garanzia di qualità, made in BSMT), con cui mi sono anche aggirato un po' all'inizio dello spettacolo, prima di godermi il finale da loro firmato, sempre impeccabile.

Nudo, ovvero: Sogno di una Notte di mezz'estate. La commedia di Shakespeare è probabilmente il mio testo teatrale preferito, lo spettacolo che ho visto in più versioni, ognuna delle quali è stata una reinterpretazione diversa con elementi interessanti e originali.
Non potevo lasciarmi sfuggire questa versione, in grado di catturare l'attenzione per la scelta di avere gli attori nudi in scena. Confesso che inizialmente avevo qualche riserva sullo spettacolo, aspettandomi una performance sperimentale e pretenziosa che voleva stupire senza rispettare lo spirito dell'opera. Vabbè, nella peggiore delle ipotesi mi farò qualche risata, mi ero detto, ma fortunatamente mi sbagliavo. Nessun desiderio di essere sensazionalistici o cercare lo scandalo, ma esattamente il contrario: liquido rapidamente l'argomento nudità dicendo che dopo 5 minuti nemmeno ti rendi conto che gli attori in scena sono nudi, per come la cosa è portata in scena e per come gli attori la sostengano. Pare anzi la scelta più naturale possibile: difficilmente gli spiriti della foresta indosserebbero le tuniche ricamate con fantasie floreali che gli sono sempre state affibbiate (volpi, lupi e altri animali selvaggi portano il gilet e il panciotto solo nel magico mondo di Richard Scarry) e il graduale spogliarsi dei personaggi della città è un ottima metafora della disinibizione e della perdita degli schemi e delle convenzioni della città.
Lo spettacolo itinerante vagava tra un'antica villa lussuosa e il parco attorno ad essa; l'utilizzo degli spazi è stato affascinante, arrivando a una cornice incantevole e visivamente magica, tra il verde degli alberi immersi nella notte.
È così: uno spettacolo che credi di conoscere tanto bene ti mostra un approccio completamente diverso con cui essere messo in scena, che riesce a sembrarti così ovvio al punto da chiederti perché non sia una versione ricorrente.

"E a tutti buonanotte dico intanto, finito è lo spettacolo e l'incanto."
...no, no. L'incanto continua.