
Di anno in anno le ore dedicate al teatro sono state sempre di più: due serate a settimana, poi gli incontri aumentavano, sono arrivati gli stage nei week-end, ai quali si sono aggiunte anche le prove e gli spettacoli.
Più aumentava la mia passione per il teatro, più sentivo che i momenti di laboratorio, gli esercizi, le scene e i personaggi diventavano la mia vita "vera", mentre il mondo esterno si trasformava in un qualcosa che proseguiva davanti ai miei occhi, seguendo dei binari prestabiliti e quasi come se io non potessi parteciparvi attivamente ma solo assistere da spettatore.
Non che non mi sia goduto la vita: l'entusiasmo, le persone e le esperienze che hanno caratterizzato gli ultimi anni mi hanno fatto essere felice come non pensavo sarei mai potuto essere, ma quando mi spostavo in una sala prove, su un palcoscenico o comunque davanti a una platea, tutto si trasferiva su un altro piano d'esistenza che galleggiava al di sopra della vita "reale".
L'anno scorso ho deciso di mettermi in gioco sul serio e mi sono iscritto a un'accademia a tempo pieno, dove trascorro tutta la giornata immerso fino al collo in questo universo parallelo.
Il lavoro è più intenso di ogni cosa fatta prima di entrare lì. Gli sforzi fisici, mentali e psicologici a cui siamo sottoposti quotidianamente esercitano una tale pressione, sopportabile solo grazie alla gioia di star vivendo fino in fondo la propria passione.
I legami e le amicizie creati lì dentro sono inevitabilmente forti, dato che si passa insieme l'intera giornata e si condividono prove impegnative per le quali è naturale sostenersi a vicenda. Sembra quasi di essere in una colonia (lunga 3 anni) nella quale si condivide ogni esperienza coi propri compagni e i contatti col mondo esterno sono limitati; la convivenza forzata porta a confessarsi come non si è mai fatto prima, oltre ad affrontare tutti gli ostacoli sapendo di poter fare affidamento sulle persone care.
E, come nelle colonie o in altre esperienze simili di straniamento dalla routine, il distacco e il ritorno alla quotidianità sono molto difficili.
Più aumentava la mia passione per il teatro, più sentivo che i momenti di laboratorio, gli esercizi, le scene e i personaggi diventavano la mia vita "vera", mentre il mondo esterno si trasformava in un qualcosa che proseguiva davanti ai miei occhi, seguendo dei binari prestabiliti e quasi come se io non potessi parteciparvi attivamente ma solo assistere da spettatore.
Non che non mi sia goduto la vita: l'entusiasmo, le persone e le esperienze che hanno caratterizzato gli ultimi anni mi hanno fatto essere felice come non pensavo sarei mai potuto essere, ma quando mi spostavo in una sala prove, su un palcoscenico o comunque davanti a una platea, tutto si trasferiva su un altro piano d'esistenza che galleggiava al di sopra della vita "reale".
L'anno scorso ho deciso di mettermi in gioco sul serio e mi sono iscritto a un'accademia a tempo pieno, dove trascorro tutta la giornata immerso fino al collo in questo universo parallelo.
Il lavoro è più intenso di ogni cosa fatta prima di entrare lì. Gli sforzi fisici, mentali e psicologici a cui siamo sottoposti quotidianamente esercitano una tale pressione, sopportabile solo grazie alla gioia di star vivendo fino in fondo la propria passione.
I legami e le amicizie creati lì dentro sono inevitabilmente forti, dato che si passa insieme l'intera giornata e si condividono prove impegnative per le quali è naturale sostenersi a vicenda. Sembra quasi di essere in una colonia (lunga 3 anni) nella quale si condivide ogni esperienza coi propri compagni e i contatti col mondo esterno sono limitati; la convivenza forzata porta a confessarsi come non si è mai fatto prima, oltre ad affrontare tutti gli ostacoli sapendo di poter fare affidamento sulle persone care.
E, come nelle colonie o in altre esperienze simili di straniamento dalla routine, il distacco e il ritorno alla quotidianità sono molto difficili.
Bentornato! ^^
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