Dal libro 'Il mondo incantato' di Bruno Bettelheim, interessante
anlisi psicologica delle fiabe e della valenza educativa che hanno sui
bambini:
"Anche se un genitore indovinasse alla
perfezione perché un bambino si è lasciato prendere emotivamente da una
data storia, farebbe meglio a tenere per sé questa intuizione. Le più
importanti esperienze e reazioni del bambino sono in larga misura
inconsce, e dovrebbero rimanere tali finché egli non arrivi a un'età e a
una capacità di comprensione molto più mature. È sempre un'atto
d'invadenza interpretare i pensieri inconsci di una persona, per rendere
conscio ciò che essa desidera mantenere preconscio, e questo è
particolarmente vero nel caso di un bambino. Importante per il benessere
del bambino come la sensazione che i suoi genitori condividono le sue
emozioni, appassionandosi alla stessa fiaba che li appassiona, è la
sensazione del bambino che i suoi intimi pensieri sono ignoti al suo
genitore finché egli non si decide a rivelarli. Se il genitore fa capire
di conoscerli già, impedisce al bambino di fargli il dono più prezioso:
quello di condividere con lui quanto fino ad allora aveva di segreto e
di privato. E dato che, inoltre, un genitore è tanto più potente di un
bambino, la sua dominazione può apparire illimitata se sembra in grado
di di leggere i pensieri segreti del bambino, conoscere i suoi
sentimenti più nascosti, ancora prima che il bambino stesso abbia
cominciato a diventarne consapevole.
Le interpretazioni degli adulti,
per quanto corrette possano essere, privano il bambino della
possibilità di avvertire una sensazione: quella di aver affrontato, da
solo e con successo, dopo aver più volte ascoltato la storia e meditato
su di essa, una difficile situazione. Noi cresciamo e troviamo
significato nella vita e sicurezza in noi stessi perché abbiamo compreso
e risolto dei problemi personali da soli, non perché altri ce li
abbiano spiegati."
Mi rendo conto solo ora di
quanto spesso io abbia boicottato inconsapevolmente persone a me care.
Se vedo qualcuno in situazione di difficoltà la mia sindrome del
supereroe mi spinge ad aiutare e a dare consigli, ma a quanto pare forse
farei meglio a starmene zitto ogni tanto, o comunque fingere di non
aver intuito alcune cose che la persona deve ancora capire di sé e che
non è ancora pronta ad ammettere nemmeno a sé stessa.
Sono sempre
stato dell'idea "la verità sempre e comunque", ma col tempo ho capito
che forse aprire gli occhi a una persona su cosa sta suggerendo il suo
inconscio è una mossa brusca che alcune volte può essere utile, ma nella
maggior parte dei casi invece fa chiudere ancor di più la persona a
riccio, negando il problema e rendendone ancor più problematica la
risoluzione.
Forse il fatto di avere una visione esterna e più
lucida degli eventi non mi garantisce il diritto di intervenire per
aiutare. Forse dovrei zittire l'istinto da crocerossina e forzarmi a non
intervenire attivamente con la speranza di poter salvare chiunque, ma
lasciare sbagliare le persone, così che imparino a cadere e rialzarsi
con i propri piedi.
Forse dovrei smetterla di dire sempre la
verità quando mi si richiedono pareri, ma imparare quando qualche
omissione può essere utile e non dover sempre dimostrare di aver capito
più di chi mi chiede consiglio.
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