domenica 10 novembre 2013

Una Piccola Impresa Italiana

Da troppo tempo la crisi è intorno a noi, argomento all'ordine del giorno e capro espiatorio della maggior parte dei problemi che ci affliggono.
Non voglio sminuire la gravità della situazione, ne sono consapevole e sono anch'io spaventato dalle possibili conseguenze, ma ogni volta che sento parlare di "fuga di cervelli" penso proprio che sia una -fuga-.
Intesa come non voler affrontare un problema, scappare verso una Terra Promessa dove tutto è più facile, perché in fondo noi italiani abbiamo nel nostro DNA il gene dell'emigrante e allora via! verso nuovi orizzonti.
Io però all'Italia ci tengo, ci sono affezionato: qui ho molte persone care, qui ci sono i tortellini, qui abbiamo una cultura che -nonostante tutti i tentativi di distruzione dall'alto- all'estero se la sognano, e allora chi me lo fa fare di andarmene? Di scappare?
Non voglio credere che sia impossibile raggiungere qui i propri obiettivi.

Qualche settimana fa ho visto al cinema "Una Piccola Impresa Meridionale", il nuovo film di Rocco Papaleo. I protagonisti sono un gruppo di persone - alcune si conoscono da una vita, altre da pochi giorni - che convivono in un vecchio faro, in odore di demolizione. Un edificio molto affascinante, ma per rimetterlo a nuovo servono troppi soldi, non ne vale la pena.
Meglio vendere tutto e con l'incasso comprare una barca e andarsene in giro per il mondo.
E invece no, il manipolo di irriducibili decide di rimboccarsi le maniche e si dividono i compiti: ognuno fa quello che sa fare meglio e allo stesso tempo cerca di fare cose mai fatte prima, supportandosi a vicenda in un clima di solidarietà reciproca.
Non è qualcosa che può avvenire sempre, ma questi micro-cosmi quasi magici avvengono, ne ho la prova. E quando ti ci ritrovi in mezzo si può fare qualcosa di diverso dalla mediocirtà italiana, si possono aggirare ostacoli e iter burocratici ostili.
Basta trovarsi, aiutarsi, crederci. Si dovrà faticare, sudare, cadere e rialzarsi molte volte, ma la soddisfazione alla fine è impagabile.
Oppure si può dare la colpa all'Italia che non fa più trovare la pappa pronta come negli anni del boom economico, scaricabarilando le responsabilità.

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