venerdì 15 agosto 2014

Ti Racconto a Capo


Tutto comincia così: un paio di mesi fa rispondo a un bando per candidarmi a una residenza teatrale, un progetto che sulla carta mi attrae molto e potrebbe essere un'esperienza in grado di arricchirmi.
Non vengo selezionato. Peccato. Intanto la vita va avanti.
Poi, una telefonata: "Ciao, ti chiamiamo per la residenza teatrale Ti Racconto a Capo. Una persona ha rinunciato all'ultimo momento, ti interessa ancora?"
"Uhm, quanto tempo ho per decidere?"
"Un paio d'ore."
E così, a poco più di 24 ore dalla partenza, sposto impegni, organizzo un viaggio della speranza e preparo i bagagli per passare 10 giorni in Puglia, a fare teatro. Confesso che la chiamata last-minute mi ha lasciato indeciso per un'oretta, davanti alla prospettiva di preparativi rocamboleschi e una trasferta che nemmeno sapevo come avrei affrontato... ma alla fine mi sono deciso: questo è ciò che voglio fare nella vita, il resto (le altre cose da fare, i soldi, la pigrizia, ecc.) passa in secondo piano. Sempre.

Sono in treno.
Freccia Diamante, Business Class.
Grazie, blablacarista bidonaro e vacanzieri che non avete lasciato posti sui treni per un poveraccio che ha scoperto solo ieri di dover attraversare l'Italia.
Comunque, non so se è per il lusso circostante, per l'assenza di wi-fi, per il fatto che non mi fossi portato nulla da leggere, o se per la frenesia della consegna a ridosso della scadenza che mi fa sempre essere più produttivo, ma in viaggio trovo l'ispirazione.
Sì, perché ognuno dei partecipanti alla residenza ha avuto qualche settimana per preparare una performance da presentare agli altri, che avrebbe potuto essere inclusa nello spettacolo finale... e io ovviamente mi ritrovo a pigiare tasti a caso sul mio portatile, sperando in un'illuminazione divina.
Il tema è l'amor perduto: abbiamo ormai perso le parole per dire ti amo, le abbiamo nascoste perché oggi non va di moda, le vorremmo dire ma sembreremmo patetici agli occhi del nostro tempo e allora piangiamo d'emozione in silenzio.
Sarà che mi sento particolarmente affine a questo argomento, ma comincio a scrivere a getto continuo, d'impulso. Come il buon Jake Blues, ho visto la luce. Rileggendo quanto la mia mente ha partorito mi rendo conto che è un brano in cui ho messo molto del me stesso più intimo, una verità che solitamente raggiungo dopo un bel po' di lavoro e di riscritture.
Non c'è che dire, un ottimo inizio.
E infatti in 10 giorni riuscirò a fare pace con l'amore, a far scomparire l'astio che avevo nei suoi confronti a causa dell'uso retorico che se ne fa, ad innaffiare il cuore con luoghi e persone che mi accompagneranno a lungo.

La prima magia dell'esperienza Ti Racconto a Capo è il paese di Corsano, cuor sano.
Un'intera comunità che attende con impazienza l'arrivo di 16 attori provenienti da tutta Italia e anche oltre, sapendo che metteranno in scena uno spettacolo tra le strade del loro paese, creandolo dal nulla proprio in questo periodo di residenza.
Ognuno contribuisce come può: c'è chi presta letti per farci dormire e chi regala cibo per farci mangiare, tutti offrono il proprio aiuto mettendo a disposizione per lo spettacolo le proprie biciclette, i vestiti per fare i costumi, oggetti, case che diventano teatri. È il paese a permettere questa esperienza, a far sì che lo spettacolo possa prendere vita, senza alcun finanziamento pubblico; ognuno dà ciò che può, sapendo che in cambio otterrà arte e cultura.
Perché tutto il mondo non può funzionare così?
Gli abitanti di Corsano sanno che lo spettacolo è anche loro, lo capiamo quando scendiamo in piazza per la prima volta e gli anziani del paese ci chiedono: "Su cosa lavoriamo quest'anno?"
Sì, perché le loro testimonianze, le storie e le esperienze che sono impazienti di raccontarci entrano a far parte dello spettacolo; i racconti e le tradizioni, i profumi e i sapori del luogo hanno preso vita nei vicoli e sui balconi, in una serata magica che non avrebbe potuto andare in scena in nessun altro luogo al mondo.

Sono stati 10 giorni intensi, tra interviste radiofoniche, megafoni all'alba in riva al mare, feste in spiaggia, concerti jazz soporiferi e sagre della pizzica dove fare volantinaggio e raccogliere fondi.
Ma ora tutto il lavoro e la fatica sembrano scomparsi, resta solo la memoria dei momenti di relax e divertimento tra una prova e l'altra.
La colazione a base di pasticciotti.
Il training mattutino che, mannaggiammé come si sente che son fermo da 4 mesi.
Il turno di pulizie della Clean Squad, un'entusiasta coppia a metà tra Ghostbuster, spartani e pirati, che lava piatti accennando strani canti italo-inglesi.
La giornata da traduttore, cercando di insegnare la pronuncia italiana col supporto di Adele.
Gli scherzi notturni, i letti spostati e addobbati, le figure di merda.
Interrompere un esercizio in cortile, per lasciar passare il gregge di pecore.
Andare in giro con l'uomo più famoso del paese, e per fare 500 metri ci vogliono ore.
Il forbito linguaggio salentino, dove "Mannaggia la madonna squagliata!" è stata l'esclamazione più soft che ho sentito.
Il canzoniere inutile, che tanto poi facciamo a modo nostro.
Stare stesi sull'erba per guardare la luna scomparire all'orizzonte, avvistando la stella cadente più grande che io abbia mai visto.
Animali ovunque: dai cani che abbaiano per tutta la notte al gallo sfasato che canta tutto il giorno tranne all'ora giusta, dai pipistrelli che svolazzano sopra la testa agli insetti di ogni tipo che ci hanno divorato per tutta la nostra permanenza.
Cenare al tramonto con le delizie salentine, perdendosi tra pasta al sugo, rustici, pizza e panzerotti.
"Pensa di poter pensare senza evitare di parlare..."
Rime ad ogni ora del giorno e della notte, cercate o casuali.
I passettini di danza di Pieraccioni, che riescono a portare sempre il buonumore.
Mc Ciccio, ridente pub di Corsano, che giunta una certa ora capisce che non abbiamo intenzione di sloggiare e ci lascia chiacchierare sui tavoli fuori, spegnendo le luci ma lasciandoci bicchieri e piatti.
Le biciclette appoggiate al muro senza catena, le porte aperte che tanto ci si fida, alla faccia di tutti gli stereotipi meridionali.

Il ricordo di questa esperienza si porta con sé uno dei gruppi più belli con cui abbia lavorato, unito e ricco di risate fin dal primo giorno. E proprio durante la prima cena ha avuto origine una delle creazioni più riuscite della residenza, una sorpresa anche per gli organizzatori: per essere in tema con l'argomento del lavoro, ci inventiamo "il gioco dei corteggiamenti".
La mattina ognuno di noi pescava a caso il nome di uno del gruppo, persona che per tutta la giornata avrebbe dovuto corteggiare. Nemmeno noi potevamo lontanamente immaginare che livello avrebbe raggiunto questo "gioco": poesie, dediche, biglietti nascosti e dichiarazioni plateali, serenate, piccoli doni e letti di petali di fiori. Una riscoperta del corteggiamento e un modo per innamorarsi quotidianamente l'uno dell'altro.
Questa iniziativa ha dato vita a un'importante realtà artistica, il quartetto vocale BarBand, che ogni sera ha deliziato il pubblico con performance memorabili: il balletto da boy-band di Xdono di Tiziano Ferro,  la coreografia di nuoto sincronizzato sulle note di Sapore di Sale, l'esperienza sensoriale che ha accompagnato Baciala da "La Sirenetta", il coro dei pompieri di Bud Spencer e addirittura un rap in inglese per un corteggiamento alla londinese del gruppo. Un connubio artistico che prima o poi calcherà le scene dei più grandi palazzetti d'Italia.

Arriva l'ultima sera. In cielo splende la luna piena, lo spettacolo comincia con me a cavallo di una vecchia bicicletta e finisce con la mia trasformazione in un bambino vestito uguale a me.
Uhm. Ho un deja-vu.
I presupposti per una serata indimenticabile ci sono, e infatti gradualmente resto colpito da quanto riesca a emozionare, con quella che ritenevo in fondo in fondo "la mia robetta buffa". Tornare alle origini dell'amore, là dove tutto è iniziato, o dove tutto è finito, non lo so bene nemmeno io.
Sentirsi immersi nell'abbraccio di un paese, che di certo non è la culla della cultura e dove di certo non ci sono rassegne annuali di teatro con grandi compagnie in cartellone, ma si percepisce la voglia di ascoltare, gli occhi attenti, il cuore che batte all'unisono.
E alla fine, mentre fiorisce un campo di girasoli umano, farsi cullare dalle note di "Dove vanno gli amori quando finiscono?", meravigliosa canzone nata proprio durante questa residenza, e che mi porterò nel cuore e nelle orecchie ancora a lungo.


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